Ottobre 26, 2017

Diario di un disperso a Cannes, volume III

By In Artismi & Minculpop

Il terzo giorno di MIPCOM, ormai una settimana fa (lo so, sono in ritardo clamoroso, ma la vita è complessa), ha avuto un allure un po’ crepuscolare, malinconica, perché tutto sapeva di conclusione, di fine lenta ma inesorabile. Sì, c’era qualcosa di programmato per il giovedì mattina ma sapevano tutti che il vero ultimo giorno è mercoledì. E infatti quella mattina c’è stata l’ultima infornata di screening anteprima e io, folgorato sulla via di San Pietroburgo da Trotsky, ho deciso di sperimentare un’altra serie russa: Gogol – Origins.

Io non ho familiarità con gli scritti dell’autore russo che ha ispirato la serie perché ho letto solo il racconto su Taras Bul’ba, peraltro una vita fa, e non ricordo nemmeno se in versione integrale o ridotta e adattata per ragazzi. Così mi sono accostato alla proiezione completamente ignaro di quale potesse essere il registro scelto dal regista e, francamente, mi aspettavo un pizzardone storico-realistico sulla vita e le opere di Nikolaj Vasil’evič Gogol’.

Mi sono ovviamente sorpreso quando le primissime scene hanno immediatamente sgombrato il campo da ogni ragionevole dubbio facendo ampio uso di effetti speciali: di realistico, Gogol – Origins non vuole avere assolutamente niente. Certo, c’è una parziale deroga su qualche spunto biografico, necessario per apparentare la figura del protagonista a quella dello scrittore effettivamente esistito ma non è tanto, anzi, è quanto basta per far capire che quel tizio lì coi capelli lunghi e a tendina, un po’ versione emo di Giovanni Mucciaccia, è effettivamente Nikolai Gogol. Ma andiamo con ordine e iniziamo dalle sinossi ufficiali – opportunamente tradotte – che ci forniscono gentilmente il sito della Sreda, la casa di produzione della serie (la stessa di Trotsky), e IMDB, la cui fonte è l’ufficio stampa di TV3, il canale su cui va in onda:

Una versione alternativa della biografia del leggendario scrittore russo Nikolai Gogol. Il giovane Nikolai arriva nelle terre a sud dell’Impero Russo dove deve risolvere il mistero che circonda gli omicidi di alcune ragazze del posto. Si troverà ad affrontare esseri paranormali come fantasmi, demoni, sirene e, soprattutto, il diavolo stesso. [Sreda Productions]

Anno 1829. Nikolai Gogol, giovane impiegato della Terza Sezione, è disperato: i suoi scritti gli sembrano superficiali e mediocri cosicché  non fa altro che comprarne le stampe apposta per bruciarli. Soffre anche di violenti attacchi epilettici e di mancamenti quindi lotta per continuare a lavorare. L’investigatore Yankov Guro assiste per caso a uno di questi attacchi e intuisce che le visioni che Gogol nel mentre di questi episodi contengono degli indizi che possono aiutarlo a risolvere dei veri e propri crimini. Insieme, Guro e Gogol si dedicano a un caso particolarmente strano e inspiegabile che li conduce nel piccolo villaggio di Dikanka, dove tutti sembrano nascondere un grande segreto [IMDB, via TV3]

Solo in un secondo momento ho scoperto che la serie si ispira alla poetica tout court dello scrittore russo, più che alla sua vita, e quindi spazio al grottesco, all’ironia e alla satira, aggiungendo pure qua e là qualche spruzzatina di surreale e un sottile sapore gotico. Da qui, si capisce come Gogol – Origins sia un omaggio in tinte dark alla poetica dell’autore russo che si configura come un pastiche misto in cui hanno il medesimo peso elementi presi da più generi. C’è l’inevitabile horror (probabilmente il più presente), una porzione di storico-biografico (ovviamente mai didascalico ma l’ambientazione è la Russia nella prima metà dell’Ottocento, macchine volanti non possono essercene), il thriller, il giallo – che poi è l’innesco narrativo e il filone principale della trama anche se non dell’ambientazione – e la satira/parodia. Quest’ultimo fattore in particolare è decisivo perché tutto va letto sotto la luce distorcente dell’ironia, anche gli elementi più apparentemente inquietanti e irrazionali della serie.

Del resto è proprio la fotografia la prima “spia” che ci consente di intuire da un lato il registro della serie, dall’altro l’intento ironico: la luce di Gogol – Origins è sempre livida, molto pallida e il riferimento è almeno triplice. Il più palese è quello ai contemporanei film di mostri e vampiri, specie quelli meno autoriali e più smaccatamente pop tipo Van Helsing, la saga di Underworld e persino quella di Twilight; il secondo è a Tim Burton e alla sua predilezione per la bassa saturazione di questi ultimi anni; infine, viene da pensare anche all’influenza di una certa scuola inglese contemporanea (i due film su Sherlock Holmes di Guy Ritchie, per esempio, e più in generale qualunque film o telefilm recente prodotto in Oltremanica ambientato nell’Ottocento). Guarda caso, tutti questi riferimenti contengono in sé almeno un germe dei generi che gli scrittori di Gogol – Origins  hanno infilato nella loro ricetta vincente.

Trattandosi sostanzialmente di una storia di detection, il telefilm con cui ho collegato idealmente la serie russa è Sherlock e non solo per la fotografia di cui sopra. Ho trovato le due opere in qualche modo parenti un po’ per l’apertura ironica che alleggerisce il contenuto (fondamentale, dato che i temi sono a tratti molto pesanti), un po’ per un tema musicale ricorrente nella colonna sonora che ricorda moltissimo uno di quelli principali della serie con Benedict Cumberbatch. Ovviamente, però, Gogol – Origins si discosta anche moltissimo dal suo lontano parente made in UK e porta con sé tutta quella parte più horror che invece ha maggiormente a che vedere con prodotti tipo Buffy.

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Proprio con Buffy e altre produzioni simili, la serie russa ha in comune il largo uso di effetti speciali ma sospetto siano stati realizzati in modo volutamente visibile e un po’ patocco per dare al tutto quella patina di omaggio-burla al genere gotico/orrorifico che tanto bene si sposa con l’atmosfera apparentemente tetra e misteriosa della serie e che contrasta magnificamente con la semplicità e la leggerezza dei dialoghi. Non ci sono spiegoni, ragionamenti estesi o voli pindarici: tutto ciò che accade è mostrato e quasi mai descritto verbalmente e la velocità del racconto è decisamente alta pur rimanendo sempre estremamente semplice da seguire. Non ci sono virtuosismi narrativi, è tutto molto lineare e godibile. Chiaramente, essendo di fondo un giallo, molto della buona riuscita dell’intera stagione anche al di là del primo episodio dipenderà dal buon sviluppo dell’indagine e dell’integrazione dell’elemento soprannaturale nella vicenda, entrambi aspetti gestiti magistralmente nel pilota ma che andranno messi alla prova anche nei successivi sette. Tutto fa ben sperare ma il rischio di un’eccessiva diluzione degli eventi o di esagerare con la storia del paranormale sono sempre dietro l’angolo. Ah, incidentalmente, è anche stracolmo di gnagna.

La “confezione” di Gogol – Origins mi fa pensare che tra i target ci siano anche (forse soprattutto…?) gli adolescenti perché la serie riprende volontariamente alcuni cliché tipici dell’horror e del giallo proprio per aggredire al meglio l’attenzione di un pubblico con dei gusti molto precisi e già educati alla fruizione di generi ben determinati (per questo penso principalmente ai teenager ma non è detto piaccia solo a loro, anzi). Però, più in generale, è sicuramente una serie molto valida anche solo a livello narrativo e di scrittura, come dimostra l’apprezzamento avuto in patria nonostante la rischiosa scelta di uscire prima nei cinema che in TV: la produzione si aspettava circa 120 milioni di euro di incassi con i tre episodi rilasciati sul grande schermo (nel formato televisivo saranno appunto otto) ma la Russia ha risposto entusiasticamente e gli introiti hanno finito per arrivare a quattro volte tanto la somma preventivata, decretandone l’enorme successo che i produttori si augurano possa essere replicato anche nel resto del mondo. Onestamente, le premesse ci sono.

 

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