E niente, francamente scoppio di orgoglio.
Poco più di dieci mesi che quest’avventura è partita, trentacinque episodi prodotti e condivisi (l’episodio numero sette è doppio e abbiamo iniziato con una prima puntata “test” che è di fatto un numero zero), circa 64 ore di materiale, undici ospiti, decine e decine di argomenti trattati, un sacco di risate. Tutto questo è stato fin qui Spremuta di Enganche, il podcast che ho lanciato nel luglio 2016 con Peppe e Fede, i miei due fidi compagni di ventura.
Onestamente io speravo di arrivare fin qui (e anche andare molto oltre) ma ero anche consapevole che, quando si fanno programmi, a volte la realtà si mette di mezzo e non è sempre semplice riuscire a mantenere la rotta in modo costante. Però ce l’abbiamo fatta. E andremo anche avanti perché se c’è una cosa che non ci manca – no, non è il tempo. Quello, anzi, manca sempre – sono le idee e la voglia di fare. Spremuta di Enganche vuole diventare un appuntamento fisso per chi apprezza i podcast (non solo e non per forza a tema calcistico). Anzi, più in generale, vuole diventare un appuntamento fisso, riconosciuto, ben consapevole che, chiunque saranno i suoi ascoltatori, rimarrà comunque un prodotto di nicchia.
La puntata uscita ieri sera, subito dopo un Ajax che mi arriva in finale di Europa League dopo una vita e mezza di stenti nelle competizioni europee, è stata bellissima da registrare ed è – speriamo – piacevole da ascoltare per un sacco di motivi. L’intesa reciproca con l’ospite (un grandissimo Antonio Cunazza, titolare di un blog super interessante sugli stadi di calcio), argomenti che si sono prestati anche a scherzare parecchio, tantissimi spunti emersi dalle nostre chiacchiere, Dragostea Din Tei e molto, molto altro. Pensate che ne ho anche tagliati tipo venticinque minuti non meno belli ma pieni di divagazioni che probabilmente avrebbero fatto perdere il ritmo.
Eh niente, io l’episodio numero 33 ve lo lascio qui, se interessa. Cioè, mi piacerebbe che vi interessasse.