Alisson (1992) – È stata una stagione diversa dalle altre per il portiere del Liverpool, che ha dovuto guidare per tutto l’anno una linea difensiva decimata dagli infortuni. Nelle partite di qualificazione ai Mondiali, Tite ha dato spazio anche agli altri due portieri ma il numero uno sarà ancora l’ex Internacional.
Ederson (1993) – Come detto sopra, anche il portiere con il miglior lancio lungo al mondo ha avuto le proprie occasioni nel periodo precedente alla Copa América ma le gerarchie sembrano le stesse di due anni fa.
Wéverton (1987) – Da tempo il miglior portiere del campionato brasiliano. Leader e idolo del Palmeiras, con cui ha vinto da pochi mesi la Copa Libertadores, è un portiere esploso abbastanza tardi ai massimi livelli ma che resta molto affidabile per il contesto.
Danilo (1991) – Nella stagione deludente della Juve, l’ex terzino del Manchester City è stato una delle poche note positive, specialmente per il modo in cui ha alzato il proprio rendimento e si è reso utile in uscita: quando Tite avrà intenzione di appoggiarsi a una sponda sicura in costruzione, Danilo è sicuramente il terzino più adatto.
Emerson Royal (1999) – Entrato in lista per l’infortunio di Dani Alves, è un terzino molto diverso dall’ex Barça, per non dire antitetico. Esplosivo e (a volte persino troppo) aggressivo, preferisce di gran lunga gli spazi aperti a quelli stretti. Se cercate un laterale che dribbli come un’ala ripassate tra qualche anno per Yan Couto: nel frattempo c’è uno dei migliori esterni difensivi della Liga, solido e preciso a rifinire con i cross.
Alex Sandro (1991) – Nelle ultime due gare di qualificazione ai Mondiali si è messo in mostra con prestazioni positive in copertura, senza riuscire a incidere nella trequarti avversaria. Quest’anno, però, l’ex giocatore di Porto e Santos parte con meno sicurezza di essere il terzino sinistro titolare del Brasile in Copa América: la concorrenza con Renan Lodi, specialmente alla luce delle nuove variazioni tattiche, potrebbe una delle chiavi di questa Seleção.
Renan Lodi (1998) – L’intuizione di Simeone di utilizzare Ferreira Carrasco come esterno a tutta fascia lo ha messo un po’ ai margini dell’Atlético Madrid, nella scorsa stagione. Nella testa di Tite, però, pur avendo giocato meno partite con la Seleção rispetto ad Alex Sandro, è la miglior soluzione quando ha bisogno di maggiore spinta e creatività in avanti: il fatto che il ct abbia sperimentato utilizzando il laterale sinistro più alto, quasi sulla linea degli attaccanti – come accadeva all’Athletico Paranaense e ai Colchoneros – è un’indicazione chiara.
Éder Militão (1998) – Il difensore centrale del Real Madrid arriva a questa Copa América sull’onda di una crescita individuale incredibile nell’arco della stagione: dopo un inizio l’inizio terrificante, a fine campionato è stato uno dei pilastri della sua squadra nella lotta al titolo in Liga. Nelle ultime due gare di qualificazioni ai Mondiali ha rimpiazzato senza sbavature l’infortunato Thiago Silva: per Tite è lui il primo ricambio nel ruolo.
Felipe (1989) – Chiamato per sostituire Lucas Verissimo, infortunatosi all’ultimo, è reduce da una stagione complessivamente meno brillante rispetto a quella precedente a causa del nuovo sistema difensivo di Simeone, ma è stato ugualmente fondamentale nel tamponare le assenze altrui. Centrale esperto e affidabile, prima di essere comprato dal Porto e giocare insieme a Militão è stato titolare nel Corinthians di Tite, una delle squadre difensivamente più solide di tutto il Sudamerica, negli ultimi anni.
Marquinhos (1994) – Giocatore molto clutch, quindi perfetto per calarsi dall’alto e risolvere le cose nei tornei a eliminazione diretta, è uno dei riferimenti della Seleção. Di recente ha detto di aver completamente superato lo sconforto iniziale dei cambi di posizione e di essere disposto persino a giocare da terzino, se necessario. In auriverde, però, starà dov’è per lui più naturale stare: in mezzo alla difesa.
Thiago Silva (1984) – Poche settimane fa, Tite ha esaltato la sua capacità di adattarsi al momento della carriera che sta vivendo e prendere precauzioni a livello fisico, oltre alla sua leadership e al valore tecnico immenso. Per questo, nonostante l’infortunio subito in finale di Champions League, lo ha aspettato fino all’ultimo. Farà coppia con Marquinhos, se sarà fisicamente in condizione.
Casemiro (1992) – Capitano e capo della protesta del gruppo contro lo spostamento della sede della Copa América in Brasile. Tite ha provato a mischiare le carte, cambiando alcuni dettagli della squadra e dando un ruolo di rilievo a giocatori nuovi ma il compito di Casemiro rimarrà lo stesso: essere il buco nero che inghiottisce tutto in mezzo al campo e tiene in equilibrio una squadra piena di talento offensivo.
Douglas Luiz (1998) – Una delle grandi rivelazioni della Premier League, ha battuto la concorrenza di Bruno Guimarães come mezzala e questo ci dice molto del bacino illimitato da cui può pescare Tite. Il centrocampista scoperto dal Manchester City ed esploso all’Aston Villa sa coprire gli spazi, ha buone letture difensive per compensare i movimenti dei giocatori più liberi, oltre a buone qualità tecniche per far uscire palla a fianco di Casemiro. Si giocherà con Fred il posto che nella scorsa Copa era di Arthur.
Éverton Ribeiro (1989) – Uno di quei giocatori che sarebbero potuti diventare di culto in Europa, se solo non avessero preferito il Golfo nel loro momento di maggiore hype. È un trequartista mancino che parte da destra e viene verso il centro, tecnicamente impressionante e con grande visione. Questa Copa, per lui che nel 2019 ha vinto la Libertadores con il Flamengo – di cui è ancora una colonna, nonostante da qualche mese sia calato un po’ rispetto al livello clamoroso di un anno fa – non è solo un premio alla carriera o il riempimento di uno slot in quota Brasileirão, ma una convinta chiamata di un profilo diverso dal resto dei giocatori offensivi convocati.
Fabinho (1993) – In qualsiasi altra nazionale del mondo reggerebbe sulle proprie spalle il centrocampo ma è brasiliano e nel stesso ruolo c’è Casemiro. Nella difficile stagione del Liverpool, grazie al suo irreale senso della posizione, è stato fondamentale sia nel suo ruolo naturale di mediano che in quello di difensore centrale, ricoperto piuttosto spesso per sopperire ai gravi infortuni che hanno devastato la stagione dei Reds.
Fred (1993) – Grazie al suo peso nel Manchester United, ha riconquistato la Seleção dopo tre anni, ovvero dopo il Mondiale in Russia. Senza Arthur, tagliato dopo la pessima stagione alla Juve, ha ottime possibilità di accompagnare Casemiro e favorire l’uscita palla, oltre alla consueta abilità nell’aggredire gli avversari.
Lucas Paquetá (1997) – Due anni fa Rivaldo, dopo averlo visto uscire all’intervallo di un’amichevole tra Brasile–Argentina con la dieci sulle spalle, disse di essere triste per la fine toccata alla maglia più iconica della Seleção. Ora la dieci la avrà Neymar ma Paquetá avrà molto probabilmente il compito di sostituire Coutinho in quel ruolo di mezzala che accompagna l’azione offensiva per vie interne, oltre a rifinire. Uscire dal Milan in tempesta e riprendere fiducia sulla trequarti ipertecnica del Lione gli ha permesso di guadagnarsi la Copa: giocarla ad alti livelli sarebbe uno step enorme per la sua carriera.
Éverton (1996) – Insieme a Dani Alves è probabilmente il giocatore più decisivo della scorsa edizione, a livello meramente individuale. A chi gli chiedeva come avrebbe risolto il fatto che il rientro di Neymar dall’infortunio avrebbe privato l’allora ala del Grêmio del suo posto sulla fascia sinistra, Tite rispose che avrebbero giocato: «Éverton e altri dieci». La sua prima stagione al Benfica è stata discreta, non il fungo atomico che ci aspettavamo, ma con un finale di campionato molto elettrico. Se è in forma, sarà un fattore; se non da titolare, almeno da super–sub.
Roberto Firmino (1991) – Nel momento più difficile della sua era al Liverpool dovrà cercare riscatto nella Seleção, dove non ha mai brillato particolarmente, nemmeno durante il dominio della scorsa Copa América. Tite, però, apprezza l’unicità del suo gioco e lo ha impiegato di recente in una sorta di 4–2–4, a spartirsi – ovviamente in parti ineguali – il cuore creativo della manovra con Neymar. La concorrenza di Gabriel Barbosa, unica punta di ruolo convocata (tenendo conto della posizione in cui gioca in nazionale Gabriel Jesus) non dovrebbe spaventarlo, anche se la ricchezza del reparto offensivo permette a Tite un ventaglio enorme di soluzioni.
Gabriel Barbosa (1996) – Ha giocato la sua unica Copa América da attaccante del Santos, segnando un gol alla povera nazionale haitiana. Cinque anni dopo, ha una Copa Libertadores in cassaforte, un’esperienza europea che sembra cosa di un’altra vita e un gol in meno nel nome stampato sulla maglia. Davanti a sé ha giocatori di un altro livello ma le sue caratteristiche sono adatte al calcio corale del Brasile e, nell’ottica di una fase a gironi lunga, potrebbe trovare minuti.
Gabriel Jesus (1997) – Nel contesto della Seleção, l’attaccante del Manchester City ha mostrato il meglio di sé giocando da ala destra: durante la scorsa Copa América, Tite lo ha sfruttato defilato e si è praticamente mangiato qualunque avversario in ogni transizione. Sulla destra, con un terzino come Danilo che diventa più utile quando si accentra a combinare, è molto probabile vederlo giocare in ampiezza.
Neymar (1992) – Nel 2014 lo mise ko Zúñiga, nel 2015 un’espulsione con proteste. Nel 2016 saltò la Copa per andare a vincere le Olimpiadi davanti a tutto il Brasile. Nel 2018 arrivò ai Mondiali fuori condizione, nel 2019 si infortunò prima di iniziare: Neymar ha un conto in sospeso con la Seleção e con i suoi grandi tornei. Quest’anno il Brasile parte di nuovo favorito, ospita ancora la competizione e ha Neymar in uno dei suoi migliori momenti di forma. Ci possiamo credere, almeno questa volta?
Richarlison (1997) – La sua Copa avrebbe dovuto essere quella di due anni fa ma sbagliare un paio di partite in un torneo breve, con la ricchezza di rosa della Seleção, è un margine di errore che non è concesso a nessuno: lui e Neres partirono titolari contro Bolivia e Venezuela, in entrambi i casi subentrarono Éverton e Gabriel Jesus, che cambiarono la squadra e da quel momento in poi sarebbero usciti dal campo solo con la coppa in mano. Quest’anno, oltre a Éverton e GJ ci sono anche Vinícius Jr e soprattutto Neymar, che fa sistema a sé: tutti fortissimi, tutti impossibili da fermare se attaccano la profondità innescati dal dieci. Ancora una volta, non si può sbagliare nulla.
Vinícius Júnior (2000) – Il fatto che a vent’anni abbia già giocato 118 partite con la maglia del Real Madrid ci dà una buona misura del talento sensazionale che è. I più critici evidenziano come in queste tre stagioni non sia cresciuto nei suoi unici punti deboli, il decision making e l’incisività sotto porta. I suoi fan (e qui ci collochiamo) confidano e si godono il talento esplosivo, ispirato e incredibilmente brasiliano di una delle ali più forti del mondo in uno-contro-uno e in campo aperto. Due anni fa ha saltato la Copa per infortunio ma gli esterni offensivi in grado di rompere l’equilibrio con un paio di dribbling nati dal nulla a Tite piacciono moltissimo.
All. Tite: dal momento in cui ha preso il controllo della Seleção, tutto si è rimesso in ordine. Ha a disposizione una quantità di giocatori di talento sovradimensionata rispetto a qualsiasi altra concorrente sudamericana ma non fa scelte conservative, anzi, cerca sempre di aggiungere qualcosa. A questo proposito, due temi di campo che sarà interessante seguire: la presenza di un giocatore in più – molto probabilmente Renan Lodi – sulla linea degli attaccanti a dare ampiezza, e tutta quella serie di connessioni che genererà la presenza di Neymar nel cuore della trequarti. Anche quest’anno, il Brasile è una squadra dominante, armoniosa e organizzata, con la mano di un grande allenatore a valorizzare l’enorme talento a disposizione. La Copa América è un torneo particolarmente equilibrato e difficile da prevedere ma il Brasile, rispetto alle altre, è un gigante e parte diversi passi avanti, non solo perché è campione uscente e men che meno in quanto Paese ospitante.