Giugno 13, 2021

Guida alla Copa América 2021 – Ecuador

Un'analisi al pettine fitto di tutte le squadre che partecipano alla Copa América 2021, giocatore per giocatore

By In Football, Streams Articolo di Federico Raso

Alexander Domínguez (1987) –  Il capitano della Tri, con alle spalle un Mondiale e tre edizioni di Copa América da titolare. “Dida”, come venne fantasiosamente soprannominato in Argentina, è un pilastro tecnico ed emotivo della nazionale ecuadoriana ma è in un brutto periodo di forma: al Vélez gioca soltanto di rado e per un portiere può essere un problema, come dimostra il grave errore sul gol di Advíncula, contro il Perù.

Hernán Galíndez (1987) – È il fratello calcistico di Damian Díaz: entrambi nati in Argentina, entrambi cresciuti nelle inferiores del Rosario Central – si conoscono dall’età di 14 anni – entrambi naturalizzati dopo una lunga carriera in Ecuador. La Tri e l’Albiceleste sono in due gruppi diversi ma, se dovessero incontrarsi, il portiere dell’Universidad Catolica non ha dubbi: «Soy ecuatoriano y quiero ganarle a Argentina».

Pedro Ortíz (1990) – Dopo una carriera a trascorsa quasi interamente in Serie B, si è ritrovato a vincere il campionato ecuadoriano più sorprendente degli ultimi anni, difendendo la porta del Delfín. Oggi è il portiere dell’Emelec.

Pervis Estupiñán (1998) – La sua stagione al Villarreal, trascorsa a lottarsi un posto con il titolare Pedraza, non è stata all’altezza della precedente all’Osasuna ma il giovane terzino sinistro di proprietà del Watford è indiscutibilmente uno dei giocatori di maggior gerarchia della Tri, per la facilità con cui sa bruciare gli avversari in velocità e crossare con precisione. Con le esclusioni di Foyth e Bacca, sarà l’unico vincitore dell’Europa League a giocarsi anche la Copa América.

Diego Palacios (1999) – Uno dei talenti più interessanti della Mini Tri del 2019. Nell’estate del Mondiale di categoria, i media spagnoli erano certi che il Barcellona – quello blaugrana, non di Guayaquil – volesse comprarlo per costruirsi in casa un potenziale erede di Jordi Alba. Il ragazzo dell’Aucas, dopo una stagione formativa al Willem II, è stato acquistato dal Los Angeles FC, dove gioca tuttora. Terzino sinistro di spinta, con un buon mancino: il backup perfetto di Estupiñán.

Robert Arboleda (1991) – Difensore centrale esperto, pilastro del nuovo São Paulo di Hernán Crespo. Nonostante l’ultimo dei suoi problemi disciplinari, l’arresto da parte della polizia brasiliana per aver partecipato a una festa sotto le restrizioni per il CoVID, è una delle certezze più nitide con cui l’Ecuador arriva a questa Copa: da quando c’è Gustavo Alfaro sulla panchina della Tri, Arboleda ha giocato sempre e con ogni probabilità sarà uno dei due centrali di difesa titolari.

Xavier Arreaga (1994) – Insieme ad Arboleda formerà la coppia difensiva dell’Ecuador. Il passaggio dal campionato nazionale alla MLS è stato lento e complicato ma nel giro di due anni è cresciuto fino a diventare una certezza nella difesa meno battuta degli Stati Uniti, quella dei Seattle Sounders.

Félix Torres (1997) – Al suo Santos Laguna è toccata la sorte di perdere in finale di Liga MX contro il club maledetto per eccellenza, il Cruz Azul, ma nonostante ciò si è imposto come uno dei difensori centrali con il miglior rendimento del campionato, specialmente nel gioco aereo.

Angelo Preciado (1998) – Terzino dribblomane e iperoffensivo, esploso negli ultimi due anni nel memorabile Independiente del Valle di Miguel Angel Ramírez, una delle squadre più spettacolari viste di recente in Sudamerica. Nel 4-4-2 compatto ed equilibrato di Alfaro, che costruisce la maggior parte delle proprie occasioni sulle fasce, può generare un vantaggio importante con la sola forza delle sue giocate. Il Genk, che in quella zona del subcontinente ha già pescato bene, ci è arrivato prima di tutti ma Preciado ha ancora buoni margini di crescita.

Piero Hincapié (2002) – Il suo nome, che potremmo inutilmente tradurre in italiano con “Piero Enfasi”, è già uno dei più interessanti del Sudamerica. Centrale di difesa prodotto dalla fabbrica del talento dell’IDV, sembra costruito apposta per giocare in sistemi offensivi: abile in uscita, aggressivo quando deve difendere in avanti e rapido a coprire il campo alle spalle. Lo voleva il City Group, ma alla fine è andato al Talleres, in Argentina, dove sta crescendo rapidamente. A diciannove anni giocherà la sua prima Copa América.

Mario Pineida (1992) – Soprannominato Pitbull per la statura e il fisico tarchiato, è il terzino sinistro del Barcelona che ha vinto lo scorso campionato ecuadoriano e si è imposto come sorpresa della fase a gironi di Libertadores. Laterale abbastanza completo e affidabile, ha già giocato la Copa América nel 2015 e può fare il ricambio su entrambe le fasce. Se non fosse diventato calciatore, a suo dire, si sarebbe dedicato all’agricoltura.

Luis Fernando León (1993) – Difensore centrale carismatico, di quelli che segnano persino su punizione. Come Pineida, è cresciuto nell’IDV ai tempi in cui la squadra si chiamava ancora “Independiente José Teran”. Dieci anni nel club in cui è nato – c’era nel 2016, quando hanno sfiorato la Libertadores – coronati da una Copa Sudamericana vinta da capitano. Poi un breve e deludente passaggio in Messico, prima di tornare in Ecuador al Barcelona, dove sta imponendo nuovamente il proprio livello.

Moisés Caicedo (2001) – Nella macchina perfetta dell’IDV di Miguel Angel Ramirez, dove ha militato prima che il Brighton lo soffiasse al Manchester United, Moisés Caicedo ha dimostrato di saper interpretare qualsiasi compito con la naturalezza di un giocatore esperto. Ha solo vent’anni, ma è un centrocampista dinamico e intelligente, che tende più al box-to-box ma sa fare anche il mediocentro. Sa segnare, sa inserirsi, sa giocare, ed è la grande speranza del calcio ecuadoriano. Un posto a centrocampo, con enormi probabilità, sarà suo. Non tanto per questa Copa, ma per i prossimi dieci anni.

Jhegson Méndez (1997) – Oltre a essere il nipote dell’ex centrocampista del PSV Edison Méndez, è un buon candidato per un posto da interno titolare. Profilo completo e dinamico, adatto al calcio di Alfaro, sta crescendo molto anche con il pallone. Dopo un inizio di carriera all’IDV, è diventato uno degli elementi più importanti dell’Orlando City.

Alan Franco (1996) – Nella lista di Alfaro, i centrocampisti più tecnici e cerebrali, quelli in grado di distribuire sul corto e organizzare il possesso, sono Christian Noboa e Alan Franco. Cresciuto dall’età di 12 anni nell’Independiente del Valle, dopo la pandemia è stato ceduto all’Atletico Mineiro di Jorge Sampaoli, dove è stato impiegato con una certa frequenza, prima di essere messo in secondo piano in questo inizio di gestione Cuca.

Damian Diaz (1986) – Santafesino di nascita, quando il Boca Juniors di Riquelme e Palermo decise di puntare su di lui, nel 2008, era considerato uno degli enganche più interessanti d’Argentina. Ha mancato il salto decisivo, ma la sua carriera lo ha portato al Barcelona di Guayaquil, dove dal 2011 a oggi ha giocato più di 220 partite, intervallate da un paio di stagioni negli Emirati. A trentacinque anni, sta vivendo una stagione perfetta: una volta naturalizzato ecuadoriano ha debuttato con la Tri e a sorpresa ha trascinando la sua squadra in testa al suo girone Libertadores. Con le sue pause, la sua capacità di associarsi nello stretto con triangolazioni e di creare gioco, è un profilo unico nella lista di Alfaro.

José Carabali (1997) – Centrocampista dell’U. Catolica, rapido e polivalente, alle sue primissime esperienze in nazionale maggiore. Lo scorso ottobre ha subito una perforazione dell’intestino in un durissimo scontro di gioco con un avversario del Deportivo Cuenca, ma per fortuna se l’è cavata bene.

Dixon Arroyo (1992) – Uno dei leader dell’Emelec, mediano ma all’occorrenza può fare anche il centrale. Nonostante l’età e l’esperienza – nel 2016 ha giocato una finale di Copa Libertadores – ha appena debuttato con la maglia della Tri.

Christian Noboa (1985) – All’orizzonte c’è una delle più grandi, se non la più grande generazione della storia del calcio ecuadoriano. In questa transizione, per Alfaro, avranno un ruolo importante anche i giocatori più esperti, come Christian Noboa. El Zar, maestro del calcio russo – ora reduce da una stagione da 12 reti al Sochi – non vedeva la maglia della Tri dal 2019 ed è rientrato nel giro con l’allenatore argentino. A 36 anni le sue letture, il suo talento a dettare i tempi e giocare sul lungo, sono rimaste intatte; visto il grande sforzo fisico in entrambe le fasi che Alfaro richiede ai suoi centrocampisti, è difficile pensare che possa essere ancora il titolare, ma è altrettanto difficile che una squadra rapida e reattiva, a volte un po’ prevedibile contro le squadre compatte, non abbia mai bisogno del suo talento per accendersi.

Gonzalo Plata (2000) – Per il miglior talento della generazione d’oro della Tri è stato un anno difficile: Ruben Amorim lo ha relegato per quasi tutta la stagione nella squadra B dello Sporting, ritenendo fosse la scelta giusta per farlo crescere come professionista. Per qualità grezza e capacità di spostare gli equilibri con una giocata, sarebbe potuto essere tranquillamente un titolare della squadra campione di Portogallo, così come può essere il trascinatore di un Ecuador che sembra costruito per esaltare la sua capacità di generare scompiglio solo con il suo estro. Plata – tanto per cambiare, prodotto del vivaio dell’IDV – è esplosivo in progressione, sa aprirsi spazi con il dribbling, inventarsi conclusioni da fuori area: contro il Perù, qualche sera fa, è entrato a gara in corso e ha cambiato da solo la pericolosità della sua squadra.

Angel Mena (1988) – In Messico, negli ultimi cinque tornei locali, ha segnato più di Gignac (47 gol contro 45) e servito più assist di chiunque altro (21). L’ala del Leon, che in passato ha vinto tre campionati con il club di cui è tifoso, l’Emelec, e in cui giocava il suo idolo Kaviedes, si abbassa spesso a supportare i centrocampisti in uscita e dare maggiore fluidità alla manovra. Per lui è la quarta convocazione in Copa América, ma ha debuttato soltanto nell’edizione di due anni fa.

Michael Estrada (1996) – “Perché credi che il Boca mi stia cercando? Perché sono un goleador, fratello. A chi somiglio? Michael Estrada è unico, fratello”. La punta titolare dell’Ecuador e dei messicani del Toluca parla in terza persona nelle interviste e ha una canzone che gli è stata dedicata dopo le reti segnate nelle prime entusiasmanti partite del girone di qualificazione al Mondiale. È un centravanti potente, esplosivo e prolifico.

Enner Valencia (1989) – Per il capitano e miglior marcatore della storia della Tri – al momento a pari merito con il leggendario Tin Delgado – la stagione dei ritorno in Europa è iniziata senza cose picchi eccezionali, poi ha concentrato sette dei suoi dodici gol totali nelle ultime dieci di campionato: questo significa che arriva alla Copa América in forma, così come il suo compagno di reparto.

Leonardo Campana (2000) –  Il centravanti della strepitosa Sub-20 del 2019. Figlio di un ex ministro, nato calcisticamente al Barcelona SC, è di proprietà del Wolverhampton ma Mendes lo ha girato al Famalicão, dove ha trovato poco spazio. È un nove completo, slanciato e dalla falcata leggera, a cui piace sia associarsi con i compagni che concludere.

Ayrton Preciado (1994) – È compagno di Torres al Santos Laguna, ma dopo l’ottima stagione all’Emelec che gli è valsa il salto all’estero tre anni fa non ha avuto la sua stessa sorte: gli infortuni alla tibia, le ricadute e il covid lo hanno tenuto fuori per più di un anno. Ad aprile Ayrton – che porta il nome di Senna e gioca da ala sinistra – è rientrato dopo 447 giorni senza giocare e si è guadagnato un posto in lista.

Fidel Martinez (1990) – Lo chiamano Neymar ecuatoriano o alegria y atrevimiento, perché in campo ascolta solo l’istinto. Pochi mesi fa, quando giocava nel Barcelona, ha deciso un clasico contro l’Emelec battendo un rigore nel finale con lo scavetto. “Se me non avessi segnato sarei scappato in Australia coi canguri”. Alla fine, invece, è andato in Cina, ma il suo buen retiro è durato un paio di mesi, fino a che lo Shanghai Shenua non lo ha tagliato dalla lista degli stranieri per la Champions League asiatica. Deluso, ha scelto Tijuana per giocare con continuità, è tornato ad esprimersi al massimo e si è preso un posto in lista. Da ala, ma se serve pure da punta.

Jordy Caicedo (1997) – Mentre il suo omonimo Felipe ha rifiutato per l’ennesima volta la convocazione della Tri, l’attaccante del CSKA Sofia – club che ha scelto come trampolino di lancio dopo essersi svincolato unilateralmente dai brasiliani del Vitoria – sta per giocare la sua prima Copa America. Centravanti fisicamente possente, si ispira a Lukaku da prima che diventasse mainstream.

José Andrés Hurtado (2001) – Su 28 convocati, ben dieci sono cresciuti o passati per il settore giovanile dell’Indepediente del Valle, il vivaio che, anno dopo anno, alimenta sempre di più le fila della Tri. Hurtado è l’ultimo dei talenti prodotti sulla montagna di Sangolqui, ed è una chiamata forte ma meritata. Nel 3-4-1-2 di Renato Paiva, Hurtado è l’esterno destro, ruolo che interpreta con la stessa attitudine del suo predecessore Preciado: dribbling nello stretto e presenza offensiva costante. Alfaro ha premiato l’alto livello mostrato in Libertadores e lo ha aggiunto a un reparto di esterni giovane, interessante e con ottimi margini di miglioramento.

All. Gustavo Alfaro – Durante la sua recente esperienza al Boca Juniors – una delle panchine più difficili del momento – ha provato a contrastare l’egemonia del riverplatense in Libertadores con metodi poco ortodossi: 4-4-2, linee strette e persino un centravanti di fatica a fare l’esterno di centrocampo. La compatezza e l’equilibrio sono il punto di parenza delle sue squadre, un presupposto che si sposa particolarmente bene con una rosa piena di giocatori fisicamene esplosivi come quella della Tri. Questa base, unita al talento dei ragazzi della nuova generazione d’oro del calcio ecuadoriano, ha possibilità concrete di essere la rivelazione della Copa e lottare con forza per un posto ai Mondiali.

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