Giugno 14, 2021

Guida alla Copa América 2021 – Colombia

Un'analisi al pettine fitto di tutte le squadre che partecipano alla Copa América 2021, giocatore per giocatore

By In Football, Streams Articolo di Federico Raso

David Ospina (1988) – Reinaldo Rueda ha detto espressamente che i leader della sua Colombia sono quelli che hanno guidato il gruppo negli ultimi due Mondiali: «Senza Falcao e James, lui e Cuadrado saranno i riferimenti come lo sono sempre stati, generando un clima di armonia». Il portiere del Napoli è il secondo giocatore per presenze nella storia della Cafetera, 105, a sei lunghezze dal Pibe Valderrama.

Camilo Vargas (1988) – Nel 2015 ha giocato un semestre sotto la guida di Rueda, all’Atlético Nacional, l’anno prima che il Profe vincesse la Copa Libertadores coi Verdolaga (il torneo in cui è esploso a livello continentale Franco Armani). All’Atlas, in Messico, sta tenendo un rendimento molto alto.

Aldair Quintana (1994) – I tifosi dell’Atlético Nacional, all’inizio della sua avventura, lo hanno soprannominato el nuevo Armani per il suo rendimento. Ora però arriva da un semestre complicato, in cui non sono mancate le critiche per alcune prestazioni individuali e per la deludente eliminazione ai gironi di Copa Libertadores. Sarà il terzo portiere della Cafetera.

Stefan Medina (1992) – I suoi esordi con la Colombia, ai tempi di Pékerman, sono stati molto difficili, ma con il tempo il terzino destro del Monterrey – che ormai ha alle spalle un’intera carriera in Messico – è migliorato e si è guadagnato sul campo uno status che gli ha permesso di superare nelle gerarchie un giocatore di livello internazionale come Santiago Arias. Dopo la chiamata di Queiroz per la Copa di due anni fa, va per la seconda edizione consecutiva da titolare.

Daniel Muñoz (1996) – tifoso ed ex capitano dell’Atletico Nacional, membro insieme a Lucumí e Cuesta dell’enclave colombiana del Genk. I suoi maggiori punti di forza sono la flessibilità e l’intelligenza tattica: “Lo devo a Juan Carlos Osorio (ex allenatore del Nacional, nda), ha iniziato a cambiarmi più volte posizione e ho capito che avrei potuto giocare ovunque”. In quel periodo era un terzino destro di grande proiezione offensiva, tagliando spesso anche verso la porta, oggi in Belgio è gioca spesso da centrale destro di una difesa a tre, con compiti fondamentali in uscita.

Davinson Sánchez (1996) – Pochi allenatori lo conoscono bene come Reinaldo Rueda: la Libertadores 2016 giocata e vinta da titolare è stato il momento in cui l’Europa si è accorta di uno dei difensori centrali più promettenti d’America, esplosivo e abile con il pallone. Arriva da una stagione difficile, tra il rendimento al di sotto delle aspettative, le critiche e gli infortuni: nella Cafetera, però, nonostante le difficoltà del momento, alza sempre il livello.

Oscar Murillo (1988) – Il reparto difensivo della Colombia è passato quasi tutto per le mani di Rueda e dell’Atlético Nacional. Murillo è stato uno dei pilastri dell’inizio del ciclo verdolaga del Profe, prima di essere ceduto al Pachuca, dove tutt’ora è un punto cardine della difesa. Elemento di esperienza, sarà uno dei ricambi della coppia di centrali titolare.

Yerry Mina (1994) – Come Sánchez, non arriva a questa Copa América sull’onda della propria miglior annata in Europa, e un po’ ne ha risentito anche la Colombia nelle gare di qualificazione ai Mondiali. La connessione con Davinson Sánchez e la sua incredibile esplosività e potenza fisica sui calci piazzati – per chi se lo fosse dimenticato, al Mondiale in Russia ha segnato tre gol – rimangono comunque una certezza per la Cafetera.

Jhon Janer Lucumí (1998) – I titolari, al di là dei momenti di forma, saranno Mina e Sánchez, ma il livello delle alternative, anche in prospettiva, è più alto del solito. Cresciuto del Deportivo Cali, uno dei settori giovanili migliori del Paese, Lucumi è un centrale aggressivo e rapido, dotato di un buon mancino e quindi perfetto per le squadre che giocano con la difesa alta. Al Genk è inamovibile nel ruolo di centrale di sinistra ma vista la composizione della rosa della Cafetera, in caso di emergenza potrebbe persino fare il terzino sinistro di ricambio.

Carlos Cuesta (1999) – Quando Oscar Murillo, uno dei suoi compagni di reparto ai tempi dell’Atlético Nacional, venne ceduto al Pachuca, l’attuale centrale del Genk aveva diciassette anni. A farlo debuttare da professionista e lanciarlo nel giro di poco tempo come uno dei centrali colombiani più interessanti è stato Reinaldo Rueda, che probabilmente a breve farà lo stesso in Nazionale. Difensore rapido e tecnico, ha già alle spalle due stagioni da protagonista in Belgio, ma sogna di giocare nel Manchester City.

William Tesillo (1990) – Anche quest’anno, il terzino sinistro titolare della Colombia sarà l’esperto gregario del León, uno dei fedelissimi dell’ex cittì Queiroz. Il suo ruolo naturale è quello di difensore centrale, per cui in nazionale la concorrenza è enorme: con grande impegno e un’interpretazione del ruolo solida e poco offensiva, si è ritagliato uno spazio in vista della sua seconda Copa América, a discapito di laterali di ruolo come Frank Fabra e Johan Mohíca.

Baldomero Perlaza (1992) – Una chiamata meritata sul campo, dopo una carriera lunga – ha debuttato da professionista a quindici anni – spesa tutta nel campionato colombiano. È un centrocampista box-to-box, potente fisicamente, abile a contenere e soprattutto a inserirsi senza palla negli spazi, come sta facendo molto bene in questi mesi all’Atlético Nacional. Il suo ex allenatore Osorio, esagerando, lo paragona a Pogba; il suo idolo, però, è Freddy Rincón, centrocampista della grande Colombia di Maturana.

Gustavo Cuellár (1992) – Centrocampista cresciuto nel vivaio del Deportivo Cali, sembra fatto per stare in un doble pivote. Rueda – che lo ha allenato al Flamengo – lo ha scelto nonostante si sia defilato dai contesti più competitivi per giocare all’Al-Hilal, lo ha schierato contro il Perù al posto di un titolare come Wilmar Barrios ed è stato ripagato con una prestazione quasi perfetta. Intelligente e dinamico nelle letture senza palla, preciso e mai banale in possesso, sa recuperare, agire a tutto campo e distribuire, e sembra la spalla perfetta di Uribe. Noi tifiamo per vederlo in campo il più possibile.

Matheus Uribe (1991) – Uno dei segreti meglio nascosti da Sérgio Conceição, fino alla stagione in Champions League al fianco di Sérgio Oliveira. Un segreto che Rueda conosce alla perfezione dai tempi dell’Atlético Nacional. Centrocampista cerebrale, sempre attivo negli intercetti e preciso nel distribuire anche sotto pressione. Il più sicuro di un posto da interno, nel 4-4-2 (o 4-3-3) del Profe, è lui.

Sebastian Pérez (1993) – Chi ha seguito la Copa Libertadores del 2016 sa. Nessuno si sarebbe immaginato che quel centrocampista intelligente e tecnico, sempre ben smarcato e determinante in uscita, non avrebbe avuto una carriera di buon livello in Europa. Dopo cinque anni segnati da un infortunio che gli ha impedito di ripetersi al Boca, trascorsi a vagare dal Messico all’Ecuador senza mai ritrovarsi, Rueda ha deciso contro ogni aspettativa – al punto che nemmeno lo stesso Pérez se lo aspettava – di ridargli una maglia della Cafetera: un po’ perché in quella Libertadores vinta c’è tanto di Seba, un po’ perché le Nazionali si fanno anche con i propri uomini. In Colombia la scelta ha fatto molto discutere, perché ritenuta poco meritocratica dopo una stagione difficile al piccolo Boavista, in cui si è guadagnato il posto da titolare soltanto a marzo. Le squadre, però, si costruiscono anche così.

Wilmar Barrios (1993) – Nonostante la panchina col Perù, è un giocatore di cui difficilmente Rueda si priverà. Tra le tante cose, la titolarità di Cuellar contro la Bicolor ci ha detto che ci sono partite in cui serve più sicurezza con la palla e altre in cui fare a meno del centrocampista più aggressivo e instancabile della Cafetera è praticamente impossibile. Barrios, che quest’anno ha vinto il campionato russo con lo Zenit, parte ovviamente in cima alle gerarchie per affiancare Uribe, specialmente in eventuali partite con le favorite.

Jaminton Campaz (2000) – È la grande rivelazione di questi mesi di campionato colombiano. Trequartista brevilineo e stella del Deportes Tolima – la prima squadra di Barrios – in passato partiva dalle fasce ma da quando si è accentrato riesce a sfruttare meglio tutte le sue caratteristiche migliori. È rapido e sfuggente sul primo passo, abile a dribblare, condurre e rifinire tra le linee e ha come skill più appariscente il tiro di mancino dal limite dell’area. La sua capacità di generare situazioni e cambiare ritmo alla partita può essere un’arma molto interessante.

Yairo Moreno (1995) – Con Juan Guillermo Cuadrado condivide tre cose: la città di nascita (Necocli, 48.000 abitanti, nella regione di Antioquia), il settore giovanile di appartenenza (Independiente Medellín) e l’aver ricoperto diversi in carriera. L’esterno sinistro del Pachuca può fare da ricambio a Luis Díaz a centrocampo ma anche offrire una variante più offensiva, rapida e profonda a William Tesillo, come terzino sinistro.

Edwin Cardona (1992) – Cammina letteralmente in campo, soprattutto in un periodo in cui deve recuperare la forma dopo la tripletta miocardite-CoVID-infortunio muscolare, ma in una Colombia senza James e Quintero una fonte di pausa e genialità dev’esserci per forza. Destro morbidissimo, visione di gioco eccezionale e capacità di calciare forte e preciso da qualunque posizione, specie sui piazzati: tutto al suo ritmo ma quando c’è bisogno di qualità pura l’enganche del Boca Juniors ha pochi eguali.

Juan Guillermo Cuadrado (1988) – Ha appena finito una stagione in cui, senza esagerazioni, ha dato senso al gioco offensivo della sua squadra, e già deve già tornare a trascinare. Senza James, la rifinitura della Colombia passerà in gran parte per la mole di duelli in uno-contro-uno che vincerà e di cross che riuscirà a generare. Con la Cafetera ha giocato in qualsiasi posizione, passando dal dribblare uomini sulla sua fascia ad abbassarsi tra i centrali in salida lavolpiana e far uscire la squadra, come nella scorsa Copa: più palloni arrivano a Cuadrado, più sono al sicuro e più facilmente può accadere qualcosa. Mai come quest’anno, dovrà essere un uomo in missione.

Alfredo Morelos (1996) – «Giocherò sempre duro, perché i difensori devono sapere che sono forte». Manifesto del Bufalo, un attaccante che dal 2017, ovvero da quando gioca nei Rangers, ha raccolto più ammonizioni che gol (46 contro 43) e preso sette espulsioni solo perché – dicono in Scozia – quest’anno è stato graziato due volte. Il suo modo di stare in campo è polemico, aggressivo fino a diventare borderline, ma anche solidissimo: lo stile sgraziato e ingobbito nasconde buoni fondamentali, la corsa e la potenza lo portano a vincere duelli, a svariare e fare un lavoro di enorme importanza per la squadra. Pro: è un ottimo backup dei titolari, soprattutto con il 4-4-2. Contro: in Copa América si infiamma gente molto più calma di lui.

Duván Zapata (1991) – Due anni fa si è alternato con Falcao per il posto da centravanti: ora, con il Tigre infortunato ed escluso dalla lista, sarà protagonista come non lo è mai stato. È l’attaccante più potente ed esplosivo del torneo, il migliore a gestire fisicamente i duelli, uno dei più utili anche fuori dall’area: ha tutto per essere determinante. Ha persino Luis Muriel a fianco.

Luis Díaz (1997) – Un’ala leggera e inafferrabile, con un buon tiro da media distanza, che si esalta quando può attaccare in transizione sfruttando gli spazi, prendendo velocità e liberando l’istinto in uno-contro-uno. Che sia 4-4-2 o 4-3-3, a partire da sinistra nell’attacco della Colombia sarà lui. 

Luis Muriel (1991) – Giocare una Copa América da protagonista sarebbe un bel modo di dare l’ennesimo colpo di piccone alla narrativa del meraviglioso giocatore incompiuto, del “cosa sarebbe successo se”. In una Colombia priva dei suoi migliori rifinitori, la libertà che Muriel si concede per spaziare su tutta la trequarti e offrire tanti piccoli lampi è l’elemento che dovrà mantenere alto il livello di imprevedibilità dell’attacco della Cafetera.

Miguel Borja (1993) – Se l’Atlético Nacional di Reinaldo Rueda è l’elemento ricorrente di queste convocazioni, non poteva mancare il giocatore che ha deciso la partita più importante di quel ciclo, la finale di ritorno della Libertadores 2016. Miguel Borja ha raggiunto il picco quella notte, poi ha fatto fatica a confermarsi all’estero: il gol segnato allo scadere contro l’Argentina sembra confermare il valore della loro connessione. «Rueda mi conosce bene, sa che mi piace uscire dall’area e muovermi molto» ha detto la punta del Junior, un centravanti strutturato fisicamente e completo, che sarà un ricambio rilevante.

Rafael Santos Borré (1995) – A renderlo insostituibile nel sistema perfetto del River Plate di Marcelo Gallardo non è tanto il fatto che sa fare praticamente tutto, ma la sua enorme capacità di comprendere il gioco. Si muove benissimo in profondità, ha la tecnica per partecipare all’azione e giocare a sua volta in verticale. Sa quando deve venire incontro, sa quando deve allargarsi, ha qualità e dinamismo per mettere tutto in pratica. La Colombia non funziona bene come la Banda, ma con a fianco una punta con cui associarsi può essere una grande risorsa, nello slot di Muriel.

Yimmy Chará (1991) – Una delle sue più grosse delusioni è stata non riuscire a giocare lo scorso Mondiale: Rueda lo ripaga, almeno in parte, con una chiamata completamente inaspettata. Jolly offensivo utile nell’uno-contro-uno – ai Portland Timbers gioca da prevalentemente da ala – e negli inserimenti.

All. Reinaldo Rueda: Uno dei migliori allenatore sudamericani in attività. Dopo il complicato tentativo di arginare la decadenza del Cile, il Profe è ripartito dalla sua Colombia, con il compito di dettare la linea del post-Pékerman dopo il fugace passaggio di Carlos Queiroz. Predilige uno stile di gioco propositivo, che nella sua carriera ha avuto come massima espressione l’Atlético Nacional vincitore della Libertadores del 2016. Il progetto di Rueda – che ha portato sia Ecuador che Honduras ai Mondiali – è ancora in fase embrionale e la Copa América sarà un’occasione di preparare un nuovo contesto in vista delle qualificazioni al Mondiale 2022; nel complesso, però, ha la qualità per puntare fin da subito a un buon cammino.

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