Visto che già sono sempre l’ultimo a sapere le cose, ogni tanto decido di strafare ed esagero col ritardo (mentale, direi). Quindi succede che nell’anno in cui esce il film con attori in carne e ossa di Wonder Woman – che è anche la primissima trasposizione live action destinata al cinema dedicata solo a lei nella gloriosa storia più che settantacinquennale dell’amazzone, ho controllato loggiuro! – io recupero invece il film animato dedicatole nel 2009, il cui titolo è un molto originale: Wonder Woman.
Premessa necessaria: ormai ho visto quasi tutti i film animati prodotti dalla DC-Warner negli ultimi venticinque anni e, data la qualità media dei prodotti, parto tendenzialmente prevenuto in positivo. Quando perciò mi capita di incocciare in un brutto titolo, il confronto stridente con gli altri – non pochi – ben più riusciti lo rende se possibile ancora peggiore di quanto non sarebbe stato preso a sé stante. Del resto, però, la DC ha voluto produrre ben 28 film negli ultimi dieci anni e dunque i paragoni sono inevitabili… Della serie: hai voluto la bicicletta? E adesso pedali.
Come al solito, ocio che da qui in poi piovono spoiler.
Ma, dicevamo, perché mettere le mani avanti in questo modo (e non per gli spoiler ma per il giudizio sul film)? Beh, perché – senza troppi giri di parole – Wonder Woman è una mezza ciofeca. Detto con affetto, eh, ma una mezza ciofeca resta. Neanche intera. Mezza.
La trama si può trovare facilmente qua, (peraltro scritta con sorprendente dovizia di particolari, essendo Wikipedia). Ciò che però la lettura asettica della sinossi non riesce a restituire della visione integrale è quanto si proceda a balzi lungo il racconto.
Balzi nel senso che, essendo la trama piena di buchi, specie nella seconda metà, un andamento lineare diventa a un tratto impossibile e quindi niente, a una certa iniziano a succedere… cose cui non si trova un filo logico manco a pagarlo oro. Ecco, diciamo che la trama è stata tagliata col falciotto da metà in avanti per far sì che la questione durasse i canonici 75’ e buona notte al secchio. Fa niente se poi la sensazione è quella di guardare un film con il vecchio “avanti veloce” delle compiante videocassette.
Perché solo così si spiega come mai Ares attacchi ad mentulam canis Washington (!) dal nulla con un esercito di, ehm, opliti greci e minotauri vari; come mai parte dell’esercito americano stesse aspettando già lì il dio della guerra ellenico e riesca a farsi disperdere in ventidue secondi da uomini che hanno spade e scudi nonostante la presenza di carri armati; come mai il governo USA – evidentemente preso in controtempo dalla battaglia furiosa che si scatena di fronte al Lincoln Memorial tra, er, semidei e dei della classicità greca – pensi di risolvere la faccenda sganciando una bomba potentissima su Themyscira (!!); come mai spuntino dal nulla ma perfettamente in tempo per la battaglia le sempre molto bellicose ma esteticamente gradevoli Amazzoni, arrivate a Washington via acqua tramite il fiume Potomac partendo dall’Egeo su barche che neanche i romani di Asterix (!!!); come mai Ares, a caso, tiri fuori il potere di controllare i morti resuscitando (si fa per dire) le Amazzoni trapassate precedentemente aggiungendo quindi un tocco da apocalisse zombi (!!!!) alla già incasinata questione. Detta in francese antico, il film scappa violentemente di mano, finendo per diventare un puttanaio immondo proprio nella sequenza risolutiva.
E tutto ciò è un peccato perché la pellicola partiva da premesse discrete. Sì, è vero, per quanto narrativamente necessario ai fini della storia, l’antefatto pseudo-mitologico iniziale conta due o tre vaccate terrificanti che fanno sparire il sopracciglio oltre l’attaccatura dei capelli (e tremolare non poco la sospensione di incredulità) ma facendo un grosso atto di fede la vicenda comunque decolla e, fino a che Steve e Diana non affrontano Deimos, plana anche dignitosamente. Fino al precipizio finale di cui sopra, naturalmente.
Ed è appunto un peccato perché due o tre cosine buone vengono comunque messe sul fuoco: la prigionia e la fuga di Ares sono ben gestite così come i personaggi delle Amazzoni minori, la tensione interna di Wonder Woman che ha voglia di esplorare il “mondo degli uomini” (e anche un po’ Steve Trevor) pur essendo una guerriera individualista/post-femminista con enorme complesso di superiorità nonché figlia di regina ci sta e, soprattutto, il rapporto tra Steve e Diana parte sui binari giusti, inclusa la fondamentale dialettica sul confronto indipendenza femminile/galanteria maschile, molto legato al personaggio di WW, che riesce a essere messa sul piatto in maniera quasi elegante. Poi, naturalmente, finisce tutto abbastanza in vacca in quella scartavetratura a grana grossissima che è il finale.
Il character design è un’altra parte che potrebbe valere per il tutto, cioè un altro aspetto singolo del film che si potrebbe però prendere come metafora di tutta la realizzazione dell’opera: indovinatissimo in alcuni personaggi, un po’ meh in altri e decisamente ridicolo in altri ancora. Per dire, Diana l’ho trovata indovinatissima, stilizzata ma non troppo e comunque molto efficace. Lo stesso vale per tutte le altre Amazzoni del film, curate, belle e sufficientemente diverse tra loro. Bene anche i mostri e le bestie mitologiche, direi.
Ares, invece è stato reso come un personaggio cattivo de I Cavalieri dello Zodiaco e, per rendere proprio palese l’omaggio alla visione giapponese dell’epica classica, nel finale hanno anche deciso di fargli vestire una stranissima armatura in stile evil samurai da teatro kabuki. Così, senza senso.
Ah, il nuovo avversario di Pegas… Aspetta, cos’è QUELLO?
Steve Trevor non è reso male se non fosse per quella frangetta da minch1a esagerato che non fa per niente militare.
Mentre Ade… Beh, secondo chi ha diretto/scritto/curato i personaggi del film, Ade è una sorta di Nerone obeso e lascivo che evidentemente usa ettolitri di olio di palma per pettinarsi anche se sarebbe, er, un dio.
In conclusione, quattro bat-repellenti e mezzo (su dieci) sono una valutazione quasi generosa per il modo in cui Wonder Woman riesce faticosamente a catturarti all’inizio, facendoti quasi dimenticare la parte mitologica superpacco dei primissimi minuti, intrigarti a sufficienza nel momento in cui la pellicola decolla e distruggerti moralmente quando il tutto decade in quell’abisso WTF che è il finale.
Trovo abbastanza inspiegabile che il film abbia delle valutazioni molto positive su Rotten Tomatoes ma il mondo è bello perché è vario, suppongo. E, siccome il mondo è bello, si possono trovare mille e una attività più piacevoli con le quali impiegare circa 80’ piuttosto che vedere questo Wonder Woman. Anche se, credetemi, un po’ dispiace perché il film lascia nel palato dello spettatore soprattutto un fastidiosissimo retrogusto di occasione persa.